“L’acciaio delle armi gli ustionava le mani, il vento lo spingeva da dietro con una mano inintermittente, sprezzante e defenestrante, i piedi danzavano perigliosamente sul ghiaccio affilato. Ma egli amò tutto quello, notte e vento, buio e ghiaccio, e la lontananza e la meschinità della sua destinazione, perché tutti erano i vitali e solenni attributi della libertà.”
Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny.
Cartolina commemorativa su disegno di Giuseppe Ajmone, 1988
Oggi per noi riecheggiano anche parole più lontane:
[…] NATURA. Tu mostri non aver posto mente che la vita di quest’universo è un perpetuo circuito di produzione e distruzione, collegate ambedue tra se di maniera, che ciascheduna serve continuamente all’altra, ed alla conservazione del mondo; il quale sempre che cessasse o l’una o l’atra di loro, verrebbe parimente in dissoluzione. Per tanto risulterebbe in suo danno se fosse in lui cosa alcuna libera da patimento.
Giacomo Leopardi, Operette Morali, Dialogo della Natura e di un Islandese.
Ma forse in questo “tempo strano” in cui è difficile agire, per dirla con Mariangela Gualtieri, “c’è dell’oro, forse ci sono doni. Pepite d’oro per noi”.
C’è il tempo dello studio e della riflessione, il tempo di resistere e prepararci a un nuovo impegno cosicché, una volta di nuovo liberati, possiamo anche noi lasciare, col nostro agire, una traccia che sia degna di memoria.